venerdì 8 gennaio 2010

SE VUOI COLTIVARE LA PACE, CUSTODISCI IL CREATO

“Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. È questo il tema scelto da Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace, che la Chiesa celebra ogni anno il 1° gennaio. I motivi di questa scelta sono riassunti nel comunicato diffuso dal Pontificio Consiglio Giustizia e pace: “Il tema - si legge - intende sollecitare una presa di coscienza dello stretto legame che esiste nel nostro mondo globalizzato e interconnesso tra salvaguardia del creato e coltivazione del bene della pace. Tale stretto e intimo legame è, infatti, sempre più messo in discussione dai numerosi problemi che riguardano l’ambiente naturale dell’uomo, come l’uso delle risorse, i cambiamenti climatici, l’applicazione e l’uso della biotecnologie, la crescita demografica. Se la famiglia umana non saprà far fronte a queste nuove sfide con un rinnovato senso della giustizia ed equità sociali e della solidarietà internazionale, si corre il rischio di seminare violenza tra i popoli e tra le generazioni presenti e quelle future”.
La tutela dell’ambiente riveste un’importanza fondamentale per il futuro del nostro pianeta, affidato da Dio all’uomo perché se ne serva per fini di vita e non di morte. L’uomo quale garante della vita, custode della creazione e non già curatore fallimentare ed artefice di distruzioni su vasta scala. È di tutta evidenza che certe scelte industriali, la devastazione di intere aree del mondo, l’aggressione all’ambiente sistematicamente realizzata da certo capitalismo selvaggio e nemico dell’uomo, predatore di risorse e sfruttatore del lavoro dei poveri, condurrà l’umanità sull’orlo di baratri apocalittici, a meno che non si faccia – e subito – marcia indietro. Ne va del futuro dell’uomo, del futuro delle giovani generazioni, le quali hanno il diritto di ottenere in consegna i beni del mondo e di goderne rettamente, un’aria salubre, un ambiente biofilo. Consegnare loro una quantità di problematiche irrisolte a causa della volontà di dominio delle grandi potenze mondiali, denota una inclinazione egoistica che ha del diabolico. Dall’egoismo all’eclissi della pace il passo è breve.
Anche noi abbiamo il dovere di agire per la conservazione del nostro territorio. La Murgia, le nostre campagne, il nostro verde pubblico, non possono essere deturpati o resi pattumiere a cielo aperto. Il comportamento incivile di alcuni, frutto di ignoranza e scarsissimo senso del bene comune, disonora un’intera città che pure annovera persone che ogni giorno si battono perché trionfino l’educazione alla bellezza, il senso civico, il rispetto verso gli altri e se stessi. La vita è un continuo processo educativo. Educhiamoci ed educhiamo al rispetto della vita sotto ogni aspetto, pienamente consapevoli che saremo giudicati anche per il modo come avremo trattato quello spicchio di creazione affidatoci da Dio.

su Fermento gennaio 2010
LA FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA

La Festa della Santa Famiglia a Madrid, promossa nella Plaza de Lima dall'arcidiocesi della capitale spagnola, ha visto la partecipazione di oltre 500 mila persone. La famiglia, oggi conculcata da modelli relazionali che ne mortificano il senso ed il valore, “non si può relegare nella sfera privata, ma è un fatto pubblico. Davanti alla crisi della famiglia e alle istituzioni pseudo-familiari vogliamo annunciare l’amore di Cristo”, ha detto il cardinale vicario Agostino Vallini, che ha portato ai presenti il saluto di Benedetto XVI.
La celebrazione è stata preceduta da una serie di testimonianze e dai saluti del presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il cardinale Ennio Antonelli, dal presidente del Pontificio Consiglio per i laici, il cardinale Stanislaw Rylko, dal presidente dei vescovi polacchi, mons. Józef Michalik, dal cardinale Josef Cordes, presidente di Cor Unum, e dall’arcivescovo di Berlino, il cardinale Georg Sterzinsky. L’iniziatore del Cammino Neocatecumenale Kiko Argüello, che è stato uno dei promotori dell’incontro, insieme all’arcidiocesi di Madrid, ha detto che “solo la famiglia cristiana può salvare l’Europa”. Il cardinale di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela, ha celebrato con numerosi vescovi e cardinali spagnoli su un grande palco, sovrastato da una gigantesca croce bianca. Ai lati, la statua della Vergine dell'Almudena e la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Madrid nel 2011.
Nonostante il freddo intenso per questo incontro sono giunte famiglie da tutta Europa, fra le più numerose quelle spagnole e circa 10 mila dall’Italia, per lo più del Cammino Neocatecumenale, ma anche di diverse diocesi francesi, tedesche, polacche.
Anche nella nostra parrocchia è risuonato l’invito del Parroco a dare testimonianza dei valori cristiani all’interno delle famiglie, lavorando perché si affermino modelli di vita aperti alla procreazione, alla carità sponsale, alla comunione fra uomo e donna fondata sull’amore di Dio, senza il quale nulla è possibile all’uomo. Le famiglie – ha detto il Parroco nella sua omelia, alla presenza di numerosi nuclei familiari e dei fidanzati che celebreranno le loro nozze nel 2010 - sono a rischio perché la mentalità corrente aborrisce il modello familiare di Nazareth, basato su sentimenti di umiltà e reso solido dalla preghiera. L’umiltà della famiglia di Nazareth, modello delle famiglie cristiane, è icona, immagine dell’amore trinitario che fa delle tre persone divine un unicum pulsante di amore.
Senza famiglia, pilastro delle società, non c’è possibilità di un futuro ordinato e sono a rischio i soggetti deboli, specialmente i figli, i quali necessitano di avere punti di riferimento certi, identificabili, per crescere sereni ed equilibrati. I “poli” madre e padre non sono un’invenzione di qualcuno, ma di quel Dio che vuole il bene autentico di ogni essere umano. La altre unioni non garantiscono equilibrio e responsabilità, soprattutto fanno da apripista a scenari inquietanti di sconvolgimenti emotivi e della personalità.

su Fermento gennaio 2010

domenica 3 gennaio 2010

Prefazione all'antologia Poetare è d'Amore


Non sono fra i poeti (minori o minimi) tristi e malinconici. Non amo i versi che incrinano la speranza, come anche certa letteratura che deturpa la realtà, che ne fa una variante impazzita e sconcia della vita. Amo la speranza come amo la vita, quella che stamani mia madre mi ha mostrato quando, all’improvviso, dopo la pioggia, si è disteso un arcobaleno sul mare. Mi ha chiamato con voce squillante e meravigliata, come se quel fenomeno fosse apparso per la prima volta sulla scena del mondo, e mi ha detto: “Vedi, è apparso l’arcobaleno!”. Il freddo pungente del mattino – era il primo giorno del nuovo anno – si è misteriosamente dileguato e ha fatto la sua comparsa un tepore intimo che mi ha sussurrato sentimenti di letizia. Cos’è l’esperienza di Dio se non esperienza di unità interiore, di serenità e di pace, di calore che non ha niente a che fare con una bella giornata di sole? Quando piove, quanto infuria la tempesta, soltanto allora sappiamo di sentire, e sentendo conosciamo le seduzioni dello Spirito, imbastiamo con Lui intimi dialoghi senza parole, che si sviluppano attraverso giochi di sguardi e rimandi, attrazioni e ispirazioni, come fra due innamorati che sospirano al chiaro di luna. La parola si dilegua e sul cuore si distende l’arcobaleno dell’Amore che con gemiti inesprimibili muta il ritmo del tempo, detta cadenze oltremondane. La poesia si fa sotto Sua dettatura. E sono versi di portata e comprensione universali. Ecco Amore, ecco Poesia.
So bene che genitrice della poesia è la melanconia, quella forma di dolce tristezza che ci pervade. Ma so anche che l’amore sorpassa la malinconia, che deve sottrarle terreno fertile per piantarvi la semente degli innamorati. Sono semi che vanno collocati in profondità, nelle profondità dell’anima, affinché i rapaci non se ne nutrano e ne facciano strage.
Desolazione, solo desolazione residua se Amore va via o viene rapito o sottratto allo sguardo interiore. Immaginiamo che un treno stia partendo, portando con sé lontano il soggetto del nostro Amore. Agitiamo un fazzoletto bianco e ricamato, mentre calde lacrime ci rigano le guance. Amore ci sorride con mano aperta mentre il cuore si chiude. Torneremo alle ordinarie cose, ma ogni cosa saprà di quell’addio.
Non tutti gli amori crescono e si fanno Amore, così spetta ai poeti l’arduo compito di far sgorgare versi dalle loro profondità a beneficio degli amanti felici, per curare un cuore smarrito o ferito, per lenirne le sofferenze, per generarne paradossalmente di nuove. Già, se ne generano di nuove e si rievoca il dolore per farne materia di inquietudini redente. Toccare dolenti sensibilità è il modo raffinato di sublimare il dolore. Il verso lo assorbe e, pian piano, ne fa cibo per la memoria, quindi senno di poi, infine esperienza.
Ma faccio subito ammenda, perché l’esperienza serve all’Amore quanto un pizzico di sale al mare. La forza dell’Amore sta nella sua perenne novità. Ai poeti la facoltà di tenerne viva l’inesperienza.
Anche chi si cimenta nello scrivere storie d’amore sa bene che è al limite delle possibilità letterarie contenerlo nella camicia di forza di pochi righi, rattrappirne i contenuti ed i significati. Non esiste una breve storia d’amore; per gli amanti dell’Amore esso tracima l’argine delle pagine, vuole contaminare i luoghi, espandersi, perdersi, giocare a nascondino, celiare, far lacrimare. Chi vi è parzialmente riuscito ha compiuto un piccolo prodigio.
Vive congratulazioni alle vincitrici del nostro concorso, giunto alla seconda edizione. È un caso che si tratti di due rappresentanti del genere femminile? Forse sì, forse no. Di vero c’è che la donna ha una sensibilità esaltata da secoli di mancate promesse d’amore.
Un grazie sincero a tutti coloro che si sono messi alla prova e ai componenti della giuria. Un abbraccio fraterno a Luigi Zazzarini, paziente tessitore di trame organizzative.

venerdì 1 gennaio 2010

POESIA D'AMORE


I tempi dell'amore

ti appartengono,

sono tuoi.

Ne detti il tema principale,

ne fai scempio,

e poi semmai ti assenti

per vedere l'effetto che fa.

Nel raccoglierne tasselli

di qua e di là

fra parole e sospensioni

agli angoli delle foto

fisso quel volto che vorrei

accanto a me.

Neppure una carezza

m'è dato di vivere

ed è violento il silenzio

quel ritmo lento

che tu imprimi

ai miei giorni migliori.

Questo primo giorno del nuovo anno

piove quel tanto che basta

a nuove seminagioni.

Sì, il tuo silenzio non è pioggia per me,

promessa, piuttosto, non mantenuta,

fiamma o fuoco che arde altrove

- dove non so -

attizzato da chi sa solo che l'amore

procede al ritmo di una stagione.