domenica 10 ottobre 2010
UNO SPETTACOLO DESOLANTE
Lo spettacolo a cui da tempo stiamo assistendo è a dir poco desolante. Intendiamo riferirci alla vita politica, ai politici, i quali, con le dovute eccezioni, sembrano presi da una serie di questioni che poco o nulla hanno a che fare con i problemi reali del Paese e delle fasce più deboli della popolazione. I problemi della scuola, dell’economia, della pubblica amministrazione appaiono secondari rispetto a faccende quali il legittimo impedimento e talune leggi salvacondotto che sembrano tagliate su misura per i potenti e solo per essi. Su di esse la politica è avvitata da diverso tempo. Per tacere di scandali piccoli e grandi, di escort e faccendieri, di un sistema corruttivo diffuso e trasversale, di forze politiche radicate al Nord che usano un linguaggio scriteriato e di amministratori locali che discriminano le persone a seconda del colore della pelle ed intendono fare della scuola pubblica una protesi del loro partito.
Lo spettacolo è francamente indecente, tanto da preoccupare la stessa Chiesa cattolica che, per bocca del presidente dei Vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco, invita ancora una volta i cattolici “con doti di mente e di cuore” ad entrare nell’agone politico per dare il loro contributo di idee alla costruzione di un Paese più giusto e solidale, specie in questo momento in cui il cosiddetto federalismo, voluto dalla Lega Nord, rischia di dividere il Paese in due o tre macroaree con consistenti vantaggi esclusivamente per le regioni più ricche. È il disegno della Padania – che non esiste né dal punto di vista storico né geopolitico – che prende forma attraverso l’escamotage ed il pretesto del federalismo. Di fronte allo sfascio delle istituzioni democratiche e a certa politica che pasce se stessa non si può restare indifferenti e tacere. È giunto il momento di dare il benservito a tutti quei politici che si sono arricchiti con la politica e hanno collezionato case e proprietà per sé e per la propria discendenza, alla maniera degli antichi feudatari. Emblematico il caso dell’ex ministro Scajola, il quale – non si sa come – si è ritrovato proprietario di un appartamento a Roma a sua insaputa. Caso emblematico e ridicolo. Ma non è l’unico. L’elenco sarebbe lungo ed includerebbe anche i politici delle amministrazioni locali. Come non ricordare lo scandalo della sanità alla Regione Puglia? Fiumi di denaro pubblici dirottati nelle casse di alcuni imprenditori affinché se ne potessero ottenere favori di vario genere. Anche in questo caso indagati politici, affaristi e direttori generali, con contorno di cocaina ed escort.
Il relativismo etico sta distruggendo la civile convivenza; un’idea distorta di democrazia e libertà sta minando le basi delle nostre istituzioni democratiche; una politica ridotta a bivacco e a mercato delle vacche rischia di allontanare sempre più i cittadini dalle istituzioni. Il cardinale Bagnasco fa pressione perché si sappiano coinvolgere i giovani nella vita politica, “pur se ciò significa circoscrivere ambizioni di chi già vi opera”. Ecco, ci sono giovani dotati di intelligenza e cuore che possono imprimere una svolta alla politica, tuttora prigioniera delle vecchie volpi. La difficoltà sta proprio nelle ambizioni di chi domina i partiti, anche a livello locale, i quali non vogliono rinunciare a nulla, come se la politica non possa fare a meno di loro, o meglio loro non possano fare a meno della politica. Le uniche armi in possesso dei cittadini sono il voto e la partecipazione attiva, consapevole e responsabile. Bisogna eleggere persone serie, competenti ed oneste e poi partecipare, controllare, informarsi. Dove c’è ignoranza c’è delitto e sopruso, ed un metro di misura dell’onesta dell’amministratore locale sta nel suo grado di povertà e distacco dai beni. Se questi, a termine del proprio mandato, non è diventato più ricco di quanto lo era, anzi più povero, egli sarà stato un buon amministratore. In caso contrario andrebbe rispedito a casa e dimenticato in fretta.
Salvatore Bernocco
Fermento, Ottobre 2010 @ Copyright
mercoledì 6 ottobre 2010
J'ACCUSE (PARTE 2^)
Si va di bene in meglio. La sindrome del cupio dissolvi sta manifestandosi. Era latente, ora è palese, evidente, preoccupante. Con venature di autoreferenzialità tipiche del berlusconismo, tanto odiato ed osteggiato quanto praticato. Il presidente Vendola vorrebbe un impianto fotovoltaico su ogni tetto pugliese. Cosa di per sé buona. Di sole ce n’è in abbondanza alle nostre latitudini. Se ci fosse tanto lavoro quanto sole, staremmo a posto. Intanto sostiene che D’Alema, Bersani e Fassino, tutti esponenti del PD, cioè di un partito diverso dal suo, sono “anime morte”, attingendo per la sgradevole definizione all’omonimo romanzo di Gogol’ “Anime morte” (1842), sebbene lo scrittore russo alludesse ad altro (ma anche Vendola può prendere qualche cantonata). Cosa intende Vendola per anime morte? Sono anime raminghe e dolenti, quasi da Inferno dantesco, tutti coloro che hanno un’idea della sinistra diversa dalla sua? Che ne ostacolano la premiership? Certo che per un uomo che tira spesso in ballo Aldo Moro, abile tessitore di alleanze e maestro di dialogo e confronto, la definizione non è stata felice, anzi è un sasso ulteriore tirato nel cortile del PD, già alle prese con numerosi problemi interni. Su queste basi pare impossibile costruire un’alternativa politicamente praticabile al centrodestra. L’equazione vendoliana è la seguente: io sono il nuovo, voi siete il vecchio. Voi andate rottamati, io devo emergere. Mi ripeto: non è il miglior viatico ad alleanze serie, costruttive e durature. Tuttavia, questa è politica nazionale.
A livello regionale prendiamo atto di un’altra buona notizia: il Consiglio regionale chiede altri quattro milioni e mezzo di euro, “tre milioni e mezzo per garantire gli assegni di fine mandato dei consiglieri uscenti, un milione per le pensioni d’oro dei politici pugliesi.” (Paolo Russo, la Repubblica, 5 ottobre 2010). Quando si tratta di denari siamo sempre nel campo degli atti dovuti e degli automatismi di leggi varate, guarda il caso, dallo stesso Consiglio regionale. Lo ha dichiarato il sempiterno Onofrio Introna, che sarebbe, lui, un’anima viva. Fa sorridere che la buonuscita sia sganciata per consentire il “reinserimento sociale” dei poveri Consiglieri regionali trombati che, per una o più legislature, hanno patito le conseguenze nefaste della loro scelta di candidarsi: niente vita sociale, rarefazione degli incontri con i famigliari, pochi giorni di vacanza, incomprensione ed insulti dagli elettori, richieste di favori, sospetti ed inchieste della magistratura. Una vita grama che al termine del mandato necessita evidentemente di una lauta ricompensa economica, di un cadeau.
Allora, il punto, egregio presidente Vendola, è il seguente: le riforme da attuare concernono i vostri privilegi. Tagliatevi i privilegi, le prebende. Eliminate la buonuscita. Il fotovoltaico e l’eolico seguono o procedono di pari passo. Se non darà un segno concreto in tal senso, eviti di parlare di anime morte. Per il semplice motivo che anche lei farebbe parte della detestata compagnia.
lunedì 4 ottobre 2010
LA PARABOLA DEL LUPO
Un giorno Gesù si recò a Gerusalemme ed attraversava la spianata del tempio. Con lui c’erano Giacomo e Giovanni. Appena la gente lo vide, lo attorniò, e lui, visto che c’erano molti farisei ed alcuni capi della città che discorrevano fra loro, si fermò e si mise a sedere su un gradino della scalinata del tempio. Intanto la folla aumentava ed osannava al nome di Dio. “Questa gente – disse ai due discepoli – non ha bisogno delle parole che pronuncerò”. Quindi si alzò e disse: “Un lupo aveva fame, molta fame. Non mangiava da giorni ed era stato respinto da tutti perché giudicato pericoloso. Un giorno si imbatté in un casolare e sentì che da esso proveniva il profumo del latte e del formaggio. I lupi non amano il latte ed il formaggio, ma, avendo una fame terribile, si disse: “Aspetterò che il padrone esca di casa. Mi intrufolerò nel magazzino e mangerò quel che troverò.” Si acquattò nella boscaglia ed attese che il massaro uscisse. Appena questi uscì, quatto quatto si avvicinò alla cascina. Guardò alla sua destra; poi guardò alla sua sinistra. Non c’era nessuno né si udivano rumori sospetti. Gironzolò attorno al casolare, fiutando di qua e di là, e verificò che l’unico modo di entrare nel magazzino era attraverso una grata di ferro. Lui era magro e ci passava. Senza pensarci due volte, passò attraverso la grata di ferro. Entrato, vi trovo il bendiddio: formaggio a volontà, latte, scamorze, mozzarelle. Vi si buttò a capofitto e fece man bassa. Mangiò tantissimo, al punto da scoppiare. Poi, satollo, si appisolò. Mentre dormiva, rientrò il padrone. Il lupo fu destato dal rumore del carro e fece per scappare, ma, avendo mangiato a crepapelle, non riuscì più ad uscire dalla grata attraverso cui era entrato. Il padrone lo agguantò e lo uccise. Vi dico queste cose perché sappiate che l’ingordigia, qualsiasi ingordigia, conduce alla morte.” Sentite queste parole, i farisei ed i capi del popolo si allontanarono di fretta. La gente, invece, prese a lodare il nome del Signore.
Copyright 2010 Salvatore Bernocco
Copyright 2010 Salvatore Bernocco
venerdì 1 ottobre 2010
J'ACCUSE
Il presidente della Regione Vendola ci ha abituato a discorsi di ampio respiro, a nuove narrazioni, ad un eloquio fluido e ricco di richiami romantici e finanche nostalgici. Discorsi che sollevano lo spirito, riempiono il cuore ma non le tasche degli indigenti, sebbene risponda a verità che non di solo pane vive l’uomo. Da non molto tempo, cioè da quando ha vinto la competizione regionale per la seconda volta grazie alla miopia di Raffaele Fitto, si è lanciato alla conquista dello scenario politico nazionale, volendo contendere a Bersani o a chi per lui la leadership del centrosinistra o del sinistracentro, giacché, diciamocelo francamente, di ex popolari ed ex diccì nel PD ne sono rimasti davvero pochi, i quali fanno una fatica immane per reperire ragioni per restarci. Insomma Vendola, facendo leva sulle sua capacità oratorie e su alcune suggestioni, sta cercando di imporsi sul PD nazionale dopo essersi imposto, e vinto la sua battaglia, sul PD pugliese. Solo che Vendola non fa parte del PD, è il leader nazionale di S.E.L., cioè di un’altra formazione politica di sinistra che mi sembra possa contare su percentuali nazionali esigue. Tolta la Puglia, il S.E.L. è un partito quasi ectoplasmatico. Ma queste sono altre questioni.
Ora, Vendola si fa paladino dei poveri, dei diseredati, degli emarginati, dei precari, di tutta quella fetta d’umanità dolente e ferita dall’aggressività delle politiche economiche capitaliste. Urla contro Berlusconi e Tremonti, se la prende con Fitto, e fa pure bene, dice cose di sinistra. Però, che cosa fa nel concreto Nichita il Rosso malgrado il buco di bilancio della Regione Puglia? Asseconda la casta.
È di questa mattina la notizia, che ho letto sulle pagine regionali di Repubblica (articolo a firma di Lello Parise a pagina VI), che per gli ex consiglieri regionali scatta l’aumento della pensione. I poveri ex consiglieri percepiranno 120 euro in più al mese. Con i 4.000 euro che percepiscono dopo appena una legislatura e al compimento del 55° anno d’età, non ce la facevano ad arrivare alla quarta settimana. La vita costa, tirare a campare è avvilente. Così, forse in un momento di distrazione del presidente Vendola, alle prese con le sue affabulazioni, l’Assemblea regionale il 25 febbraio del 2010 approva il ritocchino, cioè, per dirla con linguaggio tecnico, l’aumento del 3,09% degli assegni vitalizi e di reversibilità degli ex consiglieri con decorrenza 1° gennaio 2010. Costo per la Regione Puglia: 300 mila euro l’anno. Qualcosa di analogo è capitato alla Provincia di Bari, dove ci si è aumentati l’indennità di presenza, mentre il presidente Schittulli si dichiarava ignaro dell’operazione ed “i debiti extra bilancio che gravano sulla Provincia di Bari dovrebbero ammontare a 73 milioni di euro, una cifra enorme pari a quasi un terzo del suo bilancio complessivo” (ipse dixit Michele Monno, consigliere provinciale PD). Una sorta di remake in salsa politica del film “Cado dalle nubi” del pugliese Checco Zalone. Tutti sembrano cadere dalle braghe di Aronne e/o dalle nuvole quando si tratta di soldi. Si vergognano, in fondo, ma se ne fregano. Dopo un po’ il rossore passa e vivono la cosa quasi con distacco, come se avessero vinto al concorso Win for life, e senza spendere neppure un euro.
Qualche anno fa si ironizzava sul natante di Massimo D’Alema, sul costo esorbitante delle sue scarpe. Qualcuno mi rispose che essere di sinistra non significava essere poveri. Essere di sinistra implicava il riscatto anche economico dei ceti medio-bassi. Sono trascorsi un po’ di anni da quel giorno, ma di riscatto neanche l’ombra. Chi dovrebbe fare e vivere come un uomo di sinistra fa e vive come un uomo di destra. E quando si tratta di mettere mano al portafoglio cadono le distinzioni, si è tutti rapaci e a servizio del dio denaro. Ci si veste da Graffiti tutti griffati dalla testa ai piedi, si spendono migliaia di euro in viaggi ed amenità varie, ci si ricopre di vantaggi e privilegi durante e post, mentre tanta povera gente soffre, non sa come sbarcare il lunario. Figli a carico, un’unica entrata, affitto e bollette da pagare, semmai lavoro precario, e sei quasi sul lastrico, sei un quasi pezzente.
Mentre i poveri aumentano, i già ricchi si aumentano i privilegi ed accrescono le loro ricchezze. Questo è scandaloso ed inaccettabile, egregio presidente Vendola. Io ritengo che il buon politico sia quello che, a fine mandato, è meno ricco di quanto lo fosse a principio. Ma forse sto vaneggiando e vagheggiando un mondo altro. Forse sto dicendo cose troppo di sinistra. Anzi, paleocristiane.
Salvatore Bernocco
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