Nascondersi dietro un dito non serve a nulla. Celare, glissare, inventarsi giustificazioni, trasferire, assumere contegni sdegnati è profondamente errato. La verità, come ci è stato insegnato fin da piccoli, prima o poi viene a galla, e si impone sulle mistificazioni e le menzogne. Bisogna andare a fondo, fare pulizia, giudicare partendo da se stessi, disfarsi senza indugio del male fatto agli altri, pagare un prezzo che, se riguarda creature innocenti ed indifese, deve essere altissimo. La pedofilia è una pratica abominevole e diffusa. È un peccato mortale ed è un reato penale. Per i sacerdoti ed i religiosi che si siano macchiati di tale infamante peccato (e reato), tale prezzo non può che consistere nell’allontanamento immediato dal ministero. Non hanno vocazione, sono predatori di anime candide, lupi travestiti da pecore. Bisogna dargli il benservito. Che vadano altrove a curarsi, se possibile, e a riflettere sulle loro miserie, sottomettendosi alla giustizia umana, ai tribunali civili, senza godere di coperture e scudi.
La Chiesa di Cristo non può assolutamente tollerare che uomini e donne che hanno fatto voto di fedeltà ad essa, di amare, di essere casti, di perseguire la purezza, violentino i piccoli di Dio, i bambini. È meglio per costoro che si mettano una macina al collo e si gettino a mare. Papa Benedetto XVI ha intrapreso un cammino di pulizia, malgrado gli attacchi di certa stampa. E non da oggi. Ricordo perfettamente che uno dei primi atti del suo pontificato è consistito nel rimuovere dal suo ministero padre Gino Burresi, fondatore dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, il quale si è ritirato a vita privata. Tra i motivi del provvedimento, il decreto del 27 maggio 2005 della Congregazione per la dottrina della fede – il primo emesso dalla Congregazione nel pontificato di Benedetto XVI e che porta la firma del nuovo Prefetto, l’ex Arcivescovo di San Francisco, il Cardinale Levada -, anche le accuse di abuso sessuale rivolte contro il religioso da alcuni che furono suoi seguaci e seminaristi negli anni Settanta e Ottanta.
Idem dicasi per il sacerdote messicano, fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel Degollado, sospeso a divinis il 19 maggio 2006 per pedofilia, violazione del segreto confessionale ed alcune relazioni sessuali che il fondatore aveva intrattenuto con donne dalle quali ha avuto anche alcuni figli. La prima visita apostolica, dal 1956 al 1959, non giunse mai a una formale conclusione a causa della morte di Pio XII. Nel 2004, l'allora cardinale Joseph Ratzinger chiese ed ottenne da Giovanni Paolo II l'autorizzazione a riaprire il caso. A seguito di questa nuova indagine, nel gennaio del 2005 il sacerdote fu costretto a dimettersi dal Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, sotto il pontificato di Benedetto XVI.
Provvedimenti che parlano da soli e sui quali occorre perseverare, ove necessario. È un momento di penitenza e di conversione, come ha ricordato Sua Santità. È un periodo di prova, di sofferenza e di buio da cui può sorgere una Chiesa più cristiana. Non è questione di omosessualità né di celibato: l’omosessualità è una tendenza che non conduce necessariamente al peccato, mentre la pedofilia è una depravazione (come non rammentare il turismo sessuale di tanti italiani? Moltissimi non sono né celibi né tanto meno gay). Piuttosto è questione di coerenza e di fede, di santità, di invocazione incessante allo Spirito Santo, affinché non abbandoni il cuore dell’uomo e lo renda un essere nuovo e nobile, un alter Christus.
copyright Salvatore Bernocco
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