lunedì 20 settembre 2010
IL PD ED I SUOI TORMENTI
Caro Direttore,
eccomi ancora una volta a chiederti ospitalità. La mia precedente riflessione sulla situazione politica locale, da te cortesemente pubblicata sul tuo sito, concerneva esclusivamente il centrodestra. In molti, amici e non, mi hanno chiesto, se non altro per una sorta di par condicio, che cosa pensassi invece delle vicende interne – che sempre hanno riflessi all’esterno – al Partito Democratico, da non molto retto dalla professoressa Caterina Montaruli. Come sai, ho funto da intervistatore del Sindaco Stragapede alla Festa del PD, ed in quella occasione sono emersi con nettezza due elementi: 1) il dispiacere del Sindaco per “l’ingratitudine” di alcuni esponenti del PD nei suoi confronti, i quali, per ragioni non esposte, ne avevano sminuito l’impegno e marginalizzato i risultati dell’azione amministrativa, sebbene non avessero mai rimarcato il loro dissenso né in sede consiliare né in altra sede politica; 2) la volontà di non ricandidarsi alle prossime amministrative per ragioni personali che, a mio avviso, sono anche di natura politica.
Bene, ciò premesso, il mio ragionamento è semplice e parte da una domanda: che cosa si contesta al Sindaco Stragapede? Su quali basi politiche, su quali fatti e su quali contestazioni ci si è fondati per prepararne la successione con largo anticipo e senza attenderne le decisioni? Chi intende candidarsi alla carica di sindaco, cosa ritiene di avere in più – parlo di capacità politiche – rispetto a Stragapede? Perché non si esce allo scoperto esternando disagi, distinguo, critiche, evitando vecchi tatticismi e logori schemi? Le successioni si preparano se c’è stata differenziazione, se si ritiene che il Sindaco abbia lavorato poco o male, altrimenti si insinua il sospetto nell’opinione pubblica che si punti esclusivamente ad occupare una posizione di potere a prescindere da un’analisi dei programmi, delle realizzazioni, dei consuntivi amministrativi. Una successione non si prepara a partire da presentimenti o da illazioni. Essa è fondata in punto di etica politica se le lacune sono state talmente tante e gravi e circostanziate da non lasciare alternative. Nel caso del Sindaco Stragapede si ha l’impressione che sia stato “sollecitato” ad assumere la decisione di abbandonare il campo per far spazio ad altro soggetto che, in caso di vittoria, non potrà che proseguire – si badi bene – il lavoro già cominciato. Soluzione di continuità potrà esserci con riguardo all’organizzazione del personale (nel nostro Comune sei dirigenti più la figura del direttore generale sono francamente eccessivi), al rilancio dell’apparato burocratico, alla scelta dei nuovi dirigenti, fermo restando le tre patate bollenti che richiederanno un forte impegno comune, bipartisan: questione Ruvo Servizi, questione rifiuti, questione espropri. Rispetto a questa discontinuità, le necessarie e consequenziali azioni possono venire pianificate anche da un sindaco uscente. Un nuovo assetto amministrativo può meglio poggiare sulle esperienze pregresse, di cui si è fatto tesoro e si è preso consapevolezza. Ora, ritengo che il miglior candidato sindaco per il centrosinistra sia - allo stato dell’arte e se non si dirimono le questioni politiche a cui ho accennato - il sindaco uscente, Michele Stragapede. Tanto di cappello agli altri nomi che circolano in questi giorni, alcuni dei quali invisi finanche a ampi settori dello stesso PD forse per insanabile pregiudizio (il matrimonio fra ex popolari ed ex diesse non funziona molto bene ed è foriero di incognite), i quali però potrebbero condurre il PD sull’orlo di una crisi di nervi, portarlo ad uno scontro interno dagli esiti imprevedibili. Il percorso democratico delle primarie convince, ma, in un momento di difficoltà evidente del centrodestra, secondo me la candidatura di Michele Stragapede sederebbe i contrasti interni al Pd e compatterebbe il centrosinistra.
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NESSUNO VA DEMONIZZATO, MA...
Caro Direttore,
vorrei partire da un principio di natura etica: nessuno va demonizzato, anche se dovesse risultarci antipatico o dovessero dividerci differenti visioni della politica e della vita amministrativa. In un sistema democratico tutti hanno il diritto di presentare la propria candidatura a sindaco della città, a meno che non sia la legge a frapporre ostacoli giuridici. Ho letto con interesse la nota del Dr. Luciano Lorusso di sostegno alla candidatura del Dr. Franco Catalano, al quale mi lega un’antica amicizia e che ritengo sia un validissimo candidato sindaco, e trovo che sia fondata la sua critica al Dr. Paparella per il mancato rispetto degli accordi pubblicamente sanciti. Ma, ciò detto, non gli si può impedire di presentare la propria candidatura a sindaco della città. Non glielo si può impedire sia per legge che per rispetto assoluto dei principi che fondano la vita democratica di un consesso civile e di una comunità, che è in attesa di un riscatto, di un colpo d’ali, di un nuovo inizio, sebbene non risponda a verità che questa Amministrazione sia rimasta inerte e abbia lavorato con la flebo al braccio per cinque anni. Il punto essenziale è politico ed è interno al PDL, perchè, per estrema chiarezza e lealtà verso l’elettorato, occorrerebbe sgombrare il campo da pasticci ed equivoci, non essendo immaginabile che il PDL possa esprimere due candidati alla carica di sindaco. O il Dr. Paparella sta nel PDL, tuttora retto da Giovanni Mazzone e da Salvatore Barile e che ha riconfermato la candidatura del Dr. Catalano, oppure sta altrove. E la Lista Schittulli, per costituire la quale si è dimesso il consigliere Testini, dove sta? Sta nel centrodestra, appoggia i candidati del centrodestra o gioca a Bari e a Napoli? E se così fosse, non verrebbero alterati gli equilibri in seno alla Giunta della Provincia di Bari? Questi equivoci andrebbero sciolti rapidamente e con estrema chiarezza, pena il disorientamento dell’elettorato ruvese ed in particolare di quello di centrodestra, il quale non si attendeva un assist di tale portata al campo avverso. Se la candidatura del Dr. Paparella sarà confermata, egli sarà un competitore al quale si dovrà rispetto ed attenzione, e che l’elettorato ruvese giudicherà sulla scorta dei programmi e dei progetti per Ruvo. Personalmente sono per il ricambio generazionale e per l’avvento di volti e menti nuovi. Sono dalla parte di una classe politica giovane, competente, colta e disinteressata, portatrice di interessi e di passioni limpidi. Ci sono giovani già vecchi e scafati, certo, il politico perfetto è di là da venire, ma la coscienza del giovane è in formazione, può più facilmente aprirsi a scenari nuovi ed alternativi. I valori possono sopravvivere anche in chi fa politica da anni o non è più anagraficamente giovane, ma il futuro, come ci insegnava Aldo Moro, sta nei giovani, appartiene a loro, che sono la nostra speranza e la nostra attesa.
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lunedì 6 settembre 2010
L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa
È indubbio che gli studi teologici sono causa di incomprensioni e, talvolta, di “scomuniche” preventive, laddove invece dovrebbero contribuire all’approfondimento della Parola di Dio per una maggiore comprensione del mistero dell’incarnazione del Cristo, del suo messaggio di salvezza, talvolta annacquato in senso troppo umano oppure spiritualizzato al punto di renderlo distante dalla concreta realtà dell’uomo.
La Pontificia Commissione Biblica col documento “L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa” del 1993 ha ben chiarito che “l’esegesi cattolica deve […] mantenere la sua identità di disciplina teologica, il cui scopo principale è l’approfondimento della fede. Questo non significa un minore impegno nella ricerca scientifica più rigorosa, né la deformazione dei metodi a causa di preoccupazioni apologetiche. Ogni settore della ricerca (critica testuale, studi linguistici, analisi letterarie, ecc.) ha le sue proprie regole, che deve seguire in piena autonomia. Ma nessuna di queste specialità è fine a se stessa. Nell’organizzazione d’insieme del compito esegetico, l’orientamento verso lo scopo principale deve restare effettivo e fare evitare dispersioni di energie. L’esegesi cattolica non ha il diritto di somigliare a un corso d’acqua che si perde nelle sabbie di un’analisi ipercritica. Adempie, nella Chiesa e nel mondo, una funzione vitale: quella di contribuire a una trasmissione più autentica del contenuto della Scrittura ispirata”.
Tuttavia, se occorre conservarne l’unitarietà, è altresì indubbio partire dal presupposto che “l’interpretazione deve necessariamente essere pluralistica. Nessuna interpretazione particolare può esaurire il significato dell’insieme, che è una sinfonia a più voci. L’interpretazione di un testo particolare deve quindi evitare di essere esclusiva”. Nessuno ha quindi il monopolio dell’interpretazione, che abbisogna di contributi umili e generosi, evitando di incorrere nella tentazione di stabilire che vi sia come una sorta di dogma interpretativo. Ciò detto, non possiamo non sottolineare, ad esempio, il pensiero di santa Caterina da Siena, secondo la quale l’Esegeta per eccellenza è Cristo: più siamo uniti a Cristo più conosciamo in profondità la Sacra Scrittura. Quindi, in sintesi, se non possiamo fare a meno degli studi biblici, dobbiamo in ogni caso sottolineare che il senso profondo delle S. Scritture è rivelato dal Signore alle coscienze. Lo Spirito Santo illumina gli ultimi, coloro che mancano di scienza umana, ma non di sapienza secondo Dio. Fa riflettere la circostanza che la Vergine Maria si sia rivelata a gente umile, mai ai sapienti della terra. In loro c’è spesso supponenza, distinguo, esercizio di lana caprina, mentre negli umili c’è accoglienza incondizionata e fede limpida. E la differenza, forse, sta tutta qui.
Salvatore Bernocco
Fermento, Settembre 2010
La Pontificia Commissione Biblica col documento “L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa” del 1993 ha ben chiarito che “l’esegesi cattolica deve […] mantenere la sua identità di disciplina teologica, il cui scopo principale è l’approfondimento della fede. Questo non significa un minore impegno nella ricerca scientifica più rigorosa, né la deformazione dei metodi a causa di preoccupazioni apologetiche. Ogni settore della ricerca (critica testuale, studi linguistici, analisi letterarie, ecc.) ha le sue proprie regole, che deve seguire in piena autonomia. Ma nessuna di queste specialità è fine a se stessa. Nell’organizzazione d’insieme del compito esegetico, l’orientamento verso lo scopo principale deve restare effettivo e fare evitare dispersioni di energie. L’esegesi cattolica non ha il diritto di somigliare a un corso d’acqua che si perde nelle sabbie di un’analisi ipercritica. Adempie, nella Chiesa e nel mondo, una funzione vitale: quella di contribuire a una trasmissione più autentica del contenuto della Scrittura ispirata”.
Tuttavia, se occorre conservarne l’unitarietà, è altresì indubbio partire dal presupposto che “l’interpretazione deve necessariamente essere pluralistica. Nessuna interpretazione particolare può esaurire il significato dell’insieme, che è una sinfonia a più voci. L’interpretazione di un testo particolare deve quindi evitare di essere esclusiva”. Nessuno ha quindi il monopolio dell’interpretazione, che abbisogna di contributi umili e generosi, evitando di incorrere nella tentazione di stabilire che vi sia come una sorta di dogma interpretativo. Ciò detto, non possiamo non sottolineare, ad esempio, il pensiero di santa Caterina da Siena, secondo la quale l’Esegeta per eccellenza è Cristo: più siamo uniti a Cristo più conosciamo in profondità la Sacra Scrittura. Quindi, in sintesi, se non possiamo fare a meno degli studi biblici, dobbiamo in ogni caso sottolineare che il senso profondo delle S. Scritture è rivelato dal Signore alle coscienze. Lo Spirito Santo illumina gli ultimi, coloro che mancano di scienza umana, ma non di sapienza secondo Dio. Fa riflettere la circostanza che la Vergine Maria si sia rivelata a gente umile, mai ai sapienti della terra. In loro c’è spesso supponenza, distinguo, esercizio di lana caprina, mentre negli umili c’è accoglienza incondizionata e fede limpida. E la differenza, forse, sta tutta qui.
Salvatore Bernocco
Fermento, Settembre 2010
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