lunedì 13 febbraio 2012

BAMBOCCIONI, SFIGATI E PRECARI. IL DESTINO DEI GIOVANI SECONDO LA POLITICA.

Per chi è giovane “mala tempora currunt”. Non soltanto per loro, invero, ma anche per chi ha un posto fisso e si sente accusare di essere grigio e monotono e di essere un privilegiato. “Che monotonia il posto fisso!” ha esclamato il capo del governo Monti. Meglio cambiare lavoro, meglio accettare la sfida del nuovo, del cambiamento! Che se ne fa uno del posto fisso? Il posto fisso ti annebbia il cervello e ti rende idiota.
Cominciò il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, pace all’anima sua, che nel 2007, dinanzi alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato definì bamboccioni i giovani che “restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi”. Nel 2009 fu la volta del mitico Renato Brunetta, il quale propose di varare “una legge per far uscire di casa i ragazzi a 18 anni”. Nel 2012, come abbiamo visto, si è lanciato sul corpo già sfibrato dei giovani Monti, il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, quello del Welfare, Elsa Fornero, e quel tale Michel Martone, viceministro del Lavoro, che ha affibbiato il termine “sfigati” ai giovani che a vent’otto anni non si sono ancora laureati. Si è poi corretto e ha dichiarato di “non essere stato sobrio.” Meno male che qualcuno ha il pudore di riconoscere di alzare il gomito e di straparlare, cosa che accade molto spesso in ambito politico, dove francamente pare non ci siano problemi di precariato, di come far quadrare il magro bilancio familiare, di come assicurare un lavoro (non precario, ovviamente) ai propri figli, ma di escort, di indennità, di privilegi, e così via, facendo salvi ovviamente coloro che si impegnano sul serio e non frequentano i salotti della Roma bene ed i circoli viziosi della Capitale.

È quindi stato breve il passaggio dalla visione montiana della monotonia del posto fisso, meramente ideologica e di stampo liberista, all’attacco all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970, che prevede che nelle aziende con più di 15 dipendenti chi venga licenziato senza «giusta causa» abbia diritto al reintegro e non solo a un’indennità economica. Abolire l’art. 18 significa dare piena libertà di licenziare. Questa è una “fissa” di Monti e di Elsa Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, ed è una fissa voluta per compiacere gli investitori internazionali, i quali, secondo Monti, non investono in Italia a causa della rigidità in uscita.

Una marea di sciocchezze, con tutto il rispetto per Monti, il quale, pur essendo professore alla Bocconi, sa poco o niente di come vive una famiglia monoreddito con figli (inoccupati) a carico. Mettere i lavoratori a posto fisso contro i precari non è una buona idea. A cosa conduce? Ve lo dico subito: alla totale deregolamentazione del mercato del lavoro e alla riduzione delle tutele e garanzie sociali per tutti. Col pretesto di tutelare i precari, si sottraggono diritti a chi un lavoro ce l’ha e con quel lavoro manda avanti la sua famiglia. È il modello economico aggressivo che vige negli USA, dove le anticamere degli studi di psichiatri e psicologi sono affollate di pazienti affetti dall’angoscia e dallo stress.
Il modello sociale che ci viene proposto è disumanizzante. È la resa incondizionata al mondo della finanza, a quel mondo che è all’origine della crisi economica mondiale.
I bamboccioni, gli sfigati, i giovani precari sono figli di questa società che dà la certezza che non vi sono sicurezze, che la famiglia è un optional, che non puoi fare progetti perché è perfettamente inutile. La famiglia d’origine è rimasta l’unico baluardo allo sfascio totale, col sopperire alle esigenze dei bamboccioni e degli sfigati per necessità di cose. Chi non vorrebbe essere autonomo ed indipendente se ne avesse le possibilità?
Concludo auspicando che da parte di chi ci governa si abbia più rispetto e sensibilità per la vita delle persone. L’uomo non è un burattino nelle mani di qualche burattinaio pieno di soldi e di sé. Monti rifletta prima di parlare, considerato, fra l’altro, che è stato nominato senatore a vita dal presidente Napolitano, il che significa posto fisso e ben retribuito fino alla fine dei suoi giorni.

S.B.

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