Il Convegno regionale sui laici ha consegnato ai Vescovi di Puglia dodici proposizioni. Mi soffermerò in particolare sulla dodicesima proposizione, relativa all’impegno socio-politico. Vi si legge, fra l’altro, che le chiese di Puglia si impegnano a formare e sostenere donne ed uomini capaci di operare scelte, in campo socio-politico, nello stile del dono e della gratuità. Per raggiungere questo obiettivo è necessario costruire percorsi educativi radicati nella Parola.
È fuori di dubbio che sia improcrastinabile immaginare percorsi di formazione, scuole di cultura e di approfondimento delle tematiche socio-politiche orientate dalla Buona Notizia, che postula che l’amore-carità si tramuti, presto e bene, in fatto, progetto, azione che miri a liberare ogni uomo o donna dalle influenze di Satana, laicamente inteso quale l’istigatore – sui piani sociale e politico – di ogni lacerazione ed arretramento umano. Meno umanesimo, meno libertà, meno essenza vitale equivalgono per larga parte a meno cristianesimo, perché il cristianesimo rettamente inteso, nella sua versione depurata da moralismi e fondamentalismi, è ricerca della felicità di ogni essere umano, è travaso di vita nel recipiente delle nostre comunità. Il Vangelo non è un elenco di prescrizioni e di precetti moralistici, ma il vademecum della gioia, ottenuta attraverso comportamenti, atteggiamenti, pensieri, azioni che rispecchino l’amore incondizionato di Dio per ogni essere umano. Poiché chi ama vuole la felicità dell’essere amato, non che grondi tristezza e dolore o che si fustighi, Dio vuole che l’uomo sia felice a partire da questo tempo, qui ed ora. Rinviare la ricerca della felicità ad un tempo oltre la morte è depredare l’uomo, è renderlo schiavo della morte stessa, a ben pensarci. La morte non incute più timore se si è in Cristo e con Lui per costruire la felicità degli altri, sempre, anche quando costa fatica e rinunce. La felicità dell’uomo, che cioè la sua gioia sia grande, è quindi il progetto di Dio. Questo deve essere chiaro e la Chiesa deve convertirsi a questa visione ottimistica della storia, proprio fondandosi sul patrimonio di gioia che il Cristo le ha lasciato in eredità. Il Suo Spirito pervade la terra e soffia dove vuole, il che significa che raggiunge anche chi dovessimo ritenere lontano da noi per sensibilità religiosa, politica, ideale. Ciò che conta agli occhi di Dio è che ci si occupi degli orfani e delle vedove, vale a dire delle persone che non godono di alcuna protezione perché contano poco agli occhi dei potenti. I poveri sono strumentalizzati dal potere, ma non amati, e non potrebbe essere diversamente, perché il potere senza anima è l’Anticristo. Ciò comporta che si realizzino strumenti di analisi dei bisogni, discreti e rispettosi della dignità degli uomini, che sostengano il progetto di liberazione dal bisogno, che è fonte di nessuna libertà, di nessuna autonomia di pensiero, di nessun progresso. Se non si ha o non si è, si è preda di mercenari e contrabbandieri, di mistificatori e falsificatori di speranze.
Credo che non ci si debba più crogiolare in complesse analisi sociologiche, pure necessarie. È necessario passare dalla sintesi all’azione. Le città vanno organizzate secondo principi di giustizia sociale, e tale giustizia deve concretizzarsi, assumere forma di pane e lavoro, reddito sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa, di strumenti di cultura, teatro, luoghi creativi. Questa è la città della persona umana. Le altre sono le città dell’individuo, dove vige la legge del più forte, del potente, del signore.
Ma poniamoci una domanda. La Chiesa, e mi riferisco alle gerarchie e a certi laici credenti, si è mostra sempre coerente con questi principi? Ha sempre preferito l’uomo di fede all’uomo di potere? Non ha talvolta inclinato verso personaggi di dubbia moralità per accattivarsene i favori? Possiamo dare lezione di onestà intellettuale e di integrità morale agli altri o dobbiamo prenderne? Ciascuno dia in cuor suo una risposta.
Salvatore Bernocco
Fermento, Giugno 2011
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