giovedì 17 giugno 2010

INTERVISTA AD HYPERION

Don Tonino ci spiega il multiculturalismo
Intervista a Salvatore Bernocco, autore di un saggio su Don Tonino Bello


Una semplice lezione spesso è l’occasione giusta per mettere a confronto idee ed emozioni senza barriere linguistiche: il discorso potrebbe nascere in inglese e concludersi facilmente accarezzando un altro idioma. Parlando di multiculturalità e fenomeni migratori, non è stato difficile considerare il testo che il nostro amico Salvatore Bernocco, un affezionatissimo della “penna”, ha pubblicato su Mons. Antonio Bello dal titolo “Sul passo degli ultimi”.
La voglia di voler condividere quei pensieri con tutti gli amici di Hyperion ha bussato subito alla porta, tanto da spingerci a parlare con Salvatore (che abbiamo già conosciuto con le sue poesie qualche mese fa) sul nostro blog, quasi fossimo in una normale lezione. Ora, se volete, tocca a voi commentare e apportare il vostro contributo.
In copertina, Don Tonino accarezza dei bambini africani. Scorrendo tra i capitoli spesso si parla di “convivialità delle differenze”.
«Più volte nei discorsi e negli scritti di Don Tonino si è parlato di diversità tra i popoli, di accoglienza come valori positivi. L’espressione “convivialità delle differenze” si riferisce ad una tavola imbandita, dove siedono tutti gli uomini senza distinzioni. L’idea della tavola assume un valore importante poiché offre l’immagine di una vera uguaglianza sostanziale: tutti i commensali sono sullo stesso livello, hanno gli stessi diritti, non ci sono discriminazioni».
Perché esorcizzare lo straniero?
«Abbiamo timore dello straniero perché ci mette in crisi apportando nuovi valori e culture con le quali confrontarsi. Ovviamente, non tutti vogliono mettersi in discussione. Don Tonino ha concretizzato la parola “accoglienza” con la prima mensa domenicale per marocchini, alla quale egli stesso sedeva per condividere la povertà, accettando quello che avanzava. Oggi c’è il rischio di confondere l’accoglienza con lo sfruttamento di poveri immigrati messi nei campi a lavorare per pochi soldi».
Cosa ha rappresentato Don Tonino per la tua vita?
«Quando era in vita, lo ascoltavamo perché era carismatico, ma non ne ero un “seguace in senso stretto”. Dalla sua morte in poi ho scoperto cose che prima non conoscevo».
Cosa?
«In una lettera, ad esempio, mi parlava di libertà e tolleranza verso chi non la pensa come noi, di guardarmi dagli adulatori. Sii fiero della tua libertà, mi scrisse da Alessano».
Perché è ancora amato?
«Si è concretamente occupato degli umili: recupero dei tossicodipendenti; viaggi negli scenari di guerra, come a Sarajevo quando era ormai già segnato dalla malattia; la mensa per gli immigrati, come abbiamo visto. Ha vissuto realmente la povertà evangelica».
Abbiamo aperto parlando di “accoglienza” e “convivialità delle differenze”. Che ruolo gioca, in questo, la conoscenza delle lingue straniere?
«Conoscere le lingue straniere, l’inglese in particolare, ti permette di entrare in contatto con tantissima gente eliminando qualsiasi barriera linguistica e di avere quindi un contatto diretto, tangibile, con chi non condivide la stessa cultura. Personalmente, ho sempre avuto una grande passione per le lingue straniere. Negli anni ’70 iniziai a frequentare il Lord Byron College, che fondò la prima sede proprio a Ruvo. L’amore per l’inglese nasce sicuramente grazie alla musica, considerandomi un grande estimatore di Barry White».
Per qualcuno, la passione per le culture straniere mette a repentaglio l’identità nazionale…
«Non sono in contrasto. È un arricchimento mantenere la propria cultura originaria ed orientarsi verso una straniera. In USA, per esempio, c’è un grande interesse per la lingua italiana e per quella latina. Proprio gli States, come sappiamo, ci mostrano la convivenza reale di più culture».

Siamo giunti al termine. L’occasione, lo speriamo, ci ha fatto conoscere attraverso le parole di Salvatore Bernocco un minimo tratto del pensiero di Don Tonino Bello. Chiudiamo con questo passaggio riportato nel quarto capitolo: «se il colore della pelle è una variabile dipendente, l’amore è indipendente da ogni valutazione cromatica. Nelle diversità dei popoli, anzi, si annida una ricchezza che solo i miopi non scorgono».

a cura di Alessandro Acella

Nessun commento:

Posta un commento