Don Tonino ci spiega il multiculturalismo
Intervista a Salvatore Bernocco, autore di un saggio su Don Tonino Bello
Una semplice lezione spesso è l’occasione giusta per mettere a confronto idee ed emozioni senza barriere linguistiche: il discorso potrebbe nascere in inglese e concludersi facilmente accarezzando un altro idioma. Parlando di multiculturalità e fenomeni migratori, non è stato difficile considerare il testo che il nostro amico Salvatore Bernocco, un affezionatissimo della “penna”, ha pubblicato su Mons. Antonio Bello dal titolo “Sul passo degli ultimi”.
La voglia di voler condividere quei pensieri con tutti gli amici di Hyperion ha bussato subito alla porta, tanto da spingerci a parlare con Salvatore (che abbiamo già conosciuto con le sue poesie qualche mese fa) sul nostro blog, quasi fossimo in una normale lezione. Ora, se volete, tocca a voi commentare e apportare il vostro contributo.
In copertina, Don Tonino accarezza dei bambini africani. Scorrendo tra i capitoli spesso si parla di “convivialità delle differenze”.
«Più volte nei discorsi e negli scritti di Don Tonino si è parlato di diversità tra i popoli, di accoglienza come valori positivi. L’espressione “convivialità delle differenze” si riferisce ad una tavola imbandita, dove siedono tutti gli uomini senza distinzioni. L’idea della tavola assume un valore importante poiché offre l’immagine di una vera uguaglianza sostanziale: tutti i commensali sono sullo stesso livello, hanno gli stessi diritti, non ci sono discriminazioni».
Perché esorcizzare lo straniero?
«Abbiamo timore dello straniero perché ci mette in crisi apportando nuovi valori e culture con le quali confrontarsi. Ovviamente, non tutti vogliono mettersi in discussione. Don Tonino ha concretizzato la parola “accoglienza” con la prima mensa domenicale per marocchini, alla quale egli stesso sedeva per condividere la povertà, accettando quello che avanzava. Oggi c’è il rischio di confondere l’accoglienza con lo sfruttamento di poveri immigrati messi nei campi a lavorare per pochi soldi».
Cosa ha rappresentato Don Tonino per la tua vita?
«Quando era in vita, lo ascoltavamo perché era carismatico, ma non ne ero un “seguace in senso stretto”. Dalla sua morte in poi ho scoperto cose che prima non conoscevo».
Cosa?
«In una lettera, ad esempio, mi parlava di libertà e tolleranza verso chi non la pensa come noi, di guardarmi dagli adulatori. Sii fiero della tua libertà, mi scrisse da Alessano».
Perché è ancora amato?
«Si è concretamente occupato degli umili: recupero dei tossicodipendenti; viaggi negli scenari di guerra, come a Sarajevo quando era ormai già segnato dalla malattia; la mensa per gli immigrati, come abbiamo visto. Ha vissuto realmente la povertà evangelica».
Abbiamo aperto parlando di “accoglienza” e “convivialità delle differenze”. Che ruolo gioca, in questo, la conoscenza delle lingue straniere?
«Conoscere le lingue straniere, l’inglese in particolare, ti permette di entrare in contatto con tantissima gente eliminando qualsiasi barriera linguistica e di avere quindi un contatto diretto, tangibile, con chi non condivide la stessa cultura. Personalmente, ho sempre avuto una grande passione per le lingue straniere. Negli anni ’70 iniziai a frequentare il Lord Byron College, che fondò la prima sede proprio a Ruvo. L’amore per l’inglese nasce sicuramente grazie alla musica, considerandomi un grande estimatore di Barry White».
Per qualcuno, la passione per le culture straniere mette a repentaglio l’identità nazionale…
«Non sono in contrasto. È un arricchimento mantenere la propria cultura originaria ed orientarsi verso una straniera. In USA, per esempio, c’è un grande interesse per la lingua italiana e per quella latina. Proprio gli States, come sappiamo, ci mostrano la convivenza reale di più culture».
Siamo giunti al termine. L’occasione, lo speriamo, ci ha fatto conoscere attraverso le parole di Salvatore Bernocco un minimo tratto del pensiero di Don Tonino Bello. Chiudiamo con questo passaggio riportato nel quarto capitolo: «se il colore della pelle è una variabile dipendente, l’amore è indipendente da ogni valutazione cromatica. Nelle diversità dei popoli, anzi, si annida una ricchezza che solo i miopi non scorgono».
a cura di Alessandro Acella
giovedì 17 giugno 2010
venerdì 11 giugno 2010
PERCHE’ I CATTOLICI IN POLITICA?
Periodicamente torna di attualità la questione della partecipazione dei cattolici alla vita politica del nostro Paese. Ne ha scritto ultimamente sulla Gazzetta del Mezzogiorno anche Mons. Ruppi. Perché sarebbe necessaria tale presenza? Quale sarebbe lo specifico apporto dei cattolici alla politica? Quale diversa qualità li connoterebbe rispetto ai “laici”?
Il discorso è complesso ed attiene al messaggio evangelico, che tutto trasuda amore per l’uomo e le comunità degli uomini, dove si sperimentano la quotidianità del vivere, la difficoltà di essere uomini e donne portatori naturalmente di diritti inalienabili, di dignità non conculcabili né dallo Stato né da altri. Vi sono diritti alla vita, alla pace ed alla felicità che rivengono per via diretta da una lettura in termini sociali ed economici dei vangeli. Il messaggio di Dio agli uomini è un messaggio di pace e di fecondità di vita.
Non appartiene al Cristianesimo una visione di una felicità posticipata all’aldilà. È una lettura errata e nera dei vangeli, pessimistica e demotivante: se la felicità è raggiungibile solo in Paradiso, perché saremmo venuti al mondo? Solo per soffrire e morire, come talune correnti cattoliche postulano? Esse seminano dolore in eccesso e timori di cui Gesù non ha mai parlato. Egli, anzi, ha parlato di felicità piena, conseguibile già qui ed ora. Come? In che modo? Mettendosi al servizio degli altri, senza nulla pretendere in cambio, inaugurando un circolo virtuoso di amore a cui risponde altro amore. Questo è il centro del messaggio evangelico: la letizia e l’amore che la genera.
Il cristiano che si impegna in politica porta con sé questa visione della vita; è capace, con la preghiera e la meditazione, di scrutare i segni dei tempi grazie ad una sensibilità spirituale che molti non posseggono. Il cristiano scruta i segni, li legge alla luce del vangelo, ne trae spunti di analisi per progettare città a misura d’uomo, in cui regnino la solidarietà e la prosperità. Il bene comune è il bene pubblico, e su questa simmetria egli si incontra con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che, partendo da altri umanesimi, hanno a cuore l’uomo, la vita, la creazione. Il dialogo fra culture politiche diverse nasce da questo comune fondamento: la tutela della vita umana, dalla nascita alla fine naturale. Su queste questioni etiche ci sono scontri e polemiche e, direi, grosse contraddizioni che andrebbero superate con intelligenza e sapienza. Un esempio: aree di pacifismo e di ambientalismo laici postulano la difesa dell’ambiente e della vita animale, ma dicono cose poco convincenti rispetto alla tutela della vita nascente e morente. Aborto ed eutanasia, secondo me, contrastano finanche con i presupposti ideologici del pacifismo e dell’ambientalismo. Prenderne coscienza sarebbe un grosso passo avanti. Ecco, il cattolico pone questioni di merito senza integralismi e con pieno rispetto per le altrui visioni, in un rapporto che, come ci insegnavano Moro e Dell’Andro, è di confronto e di dialogo, giacché nel dialogo qualcosa di noi resta in loro e viceversa. La nuova umanità nasce sempre da atti di amore e di dialogo, da un arricchimento reciproco che è vita nuova in corso d’opera.
Salvatore Bernocco
Il discorso è complesso ed attiene al messaggio evangelico, che tutto trasuda amore per l’uomo e le comunità degli uomini, dove si sperimentano la quotidianità del vivere, la difficoltà di essere uomini e donne portatori naturalmente di diritti inalienabili, di dignità non conculcabili né dallo Stato né da altri. Vi sono diritti alla vita, alla pace ed alla felicità che rivengono per via diretta da una lettura in termini sociali ed economici dei vangeli. Il messaggio di Dio agli uomini è un messaggio di pace e di fecondità di vita.
Non appartiene al Cristianesimo una visione di una felicità posticipata all’aldilà. È una lettura errata e nera dei vangeli, pessimistica e demotivante: se la felicità è raggiungibile solo in Paradiso, perché saremmo venuti al mondo? Solo per soffrire e morire, come talune correnti cattoliche postulano? Esse seminano dolore in eccesso e timori di cui Gesù non ha mai parlato. Egli, anzi, ha parlato di felicità piena, conseguibile già qui ed ora. Come? In che modo? Mettendosi al servizio degli altri, senza nulla pretendere in cambio, inaugurando un circolo virtuoso di amore a cui risponde altro amore. Questo è il centro del messaggio evangelico: la letizia e l’amore che la genera.
Il cristiano che si impegna in politica porta con sé questa visione della vita; è capace, con la preghiera e la meditazione, di scrutare i segni dei tempi grazie ad una sensibilità spirituale che molti non posseggono. Il cristiano scruta i segni, li legge alla luce del vangelo, ne trae spunti di analisi per progettare città a misura d’uomo, in cui regnino la solidarietà e la prosperità. Il bene comune è il bene pubblico, e su questa simmetria egli si incontra con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che, partendo da altri umanesimi, hanno a cuore l’uomo, la vita, la creazione. Il dialogo fra culture politiche diverse nasce da questo comune fondamento: la tutela della vita umana, dalla nascita alla fine naturale. Su queste questioni etiche ci sono scontri e polemiche e, direi, grosse contraddizioni che andrebbero superate con intelligenza e sapienza. Un esempio: aree di pacifismo e di ambientalismo laici postulano la difesa dell’ambiente e della vita animale, ma dicono cose poco convincenti rispetto alla tutela della vita nascente e morente. Aborto ed eutanasia, secondo me, contrastano finanche con i presupposti ideologici del pacifismo e dell’ambientalismo. Prenderne coscienza sarebbe un grosso passo avanti. Ecco, il cattolico pone questioni di merito senza integralismi e con pieno rispetto per le altrui visioni, in un rapporto che, come ci insegnavano Moro e Dell’Andro, è di confronto e di dialogo, giacché nel dialogo qualcosa di noi resta in loro e viceversa. La nuova umanità nasce sempre da atti di amore e di dialogo, da un arricchimento reciproco che è vita nuova in corso d’opera.
Salvatore Bernocco
Etichette:
Aldo Moro,
Dell'Andro,
Politica cristiana
DALLA PARTE DEL SANTO PADRE
Se guardiamo, a distanza di qualche tempo e a mente più serena, alla campagna di stampa ordita contro il Santo Padre e la Chiesa cattolica, non possiamo esimerci dall’evidenziarne la virulenza e la pretestuosità. Intendiamoci bene su un punto: la pedofilia è un crimine abominevole, degno della massima riprovazione, di una severa condanna non soltanto morale ma anche penale. Chi lo compie commette un peccato di inaudita gravità, specie poi se veste l’abito talare o è un religioso. Chi ha fatto voto di servire Dio non può nel contempo servire l’Anticristo. L’inferno sarà semmai più duro per costoro (ma aggiungo anche per chi, pur sapendo, omise di intervenire), ha ammonito Monsignor Charles Scicluna, il "promotore di giustizia" della Congregazione per la Dottrina della Fede, come se ci fosse una sorta di gradazione della pena là dove le anime bruciano per la lontananza da Dio. Se l’Inferno dantesco fosse attuale, costoro sarebbero posti nel girone dei lussuriosi o dei traditori. Tuttavia, ci preme sottolineare che la reazione del Santo Padre è stata ferma e decisa. Non ci sono sconti per nessuno né più coperture o trasferimenti di sede. La sofferenza di Benedetto XVI è intensa per i peccati della Chiesa, a cui si richiede totale conformità all’insegnamento evangelico, esempio coerente e fedele, amore casto verso gli uomini, specie i più indifesi. La conversione della Chiesa è un tema di estrema attualità. Anch’essa infatti è chiamata a convertirsi, a vestire i panni del buon samaritano, liberandosi di quelli del fariseo e del levita o del lupo travestito da pecora. Come scrive il più grande esorcista vivente, Padre Gabriele Amorth, anche nella Chiesa si avverte puzza di zolfo. Lo affermò, suscitando un certo stupore, anche Paolo VI molti anni or sono.
Ma, detto questo, non comprendiamo come mai analoghi polveroni mediatici non siano stati sollevati per analoghi terribili episodi accaduti all’interno di altre confessioni religiose. Non si comprende fino in fondo perché si sia spulciato nella vita di Benedetto XVI e finanche in quella di Giovanni Paolo II, a caccia di scoop, di elementi da cui potesse evincersi l’infedeltà di costoro, un’azione sistematicamente volta a coprire i misfatti di taluni loschi individui. Non parliamo di complotto, ce ne guarderemmo bene, ma di una tendenza a demonizzare tutta la Chiesa per i peccati di alcuni, partendo dal basso per sferrare colpi in alto, alla cieca, facendo di tutta l’erba un fascio. È un’operazione pericolosa e dagli esiti imprevedibili.
Ma non tutto il male viene per nuocere. Questo è il momento propizio per liberarsi di pesi e zavorre, imboccare nuove vie, separare, per quanto possibile, il grano dalla zizzania, anche se la zizzania ha il colore della porpora. L’umanità ha bisogno di esempi positivi, di credere che Dio ami attraverso l’amore disinteressato di uomini e donne cristiani. Rivelare il Dio infinitamente buono spetta a ciascun cristiano. In caso contrario assisteremmo ad una fuga non soltanto dalla Chiesa, ma dall’idea stessa di un Dio misericordioso e amante. Non ci sarebbe esito più nefasto di questo.
Salvatore Bernocco
Fermento, Giugno 2010
Ma, detto questo, non comprendiamo come mai analoghi polveroni mediatici non siano stati sollevati per analoghi terribili episodi accaduti all’interno di altre confessioni religiose. Non si comprende fino in fondo perché si sia spulciato nella vita di Benedetto XVI e finanche in quella di Giovanni Paolo II, a caccia di scoop, di elementi da cui potesse evincersi l’infedeltà di costoro, un’azione sistematicamente volta a coprire i misfatti di taluni loschi individui. Non parliamo di complotto, ce ne guarderemmo bene, ma di una tendenza a demonizzare tutta la Chiesa per i peccati di alcuni, partendo dal basso per sferrare colpi in alto, alla cieca, facendo di tutta l’erba un fascio. È un’operazione pericolosa e dagli esiti imprevedibili.
Ma non tutto il male viene per nuocere. Questo è il momento propizio per liberarsi di pesi e zavorre, imboccare nuove vie, separare, per quanto possibile, il grano dalla zizzania, anche se la zizzania ha il colore della porpora. L’umanità ha bisogno di esempi positivi, di credere che Dio ami attraverso l’amore disinteressato di uomini e donne cristiani. Rivelare il Dio infinitamente buono spetta a ciascun cristiano. In caso contrario assisteremmo ad una fuga non soltanto dalla Chiesa, ma dall’idea stessa di un Dio misericordioso e amante. Non ci sarebbe esito più nefasto di questo.
Salvatore Bernocco
Fermento, Giugno 2010
Etichette:
Benedetto XVI,
Giovanni Paolo II,
Pedofilia
Iscriviti a:
Post (Atom)