giovedì 24 dicembre 2009

Recensioni dell'Arch. Mario Di Puppo


SALVATORE BERNOCCO, Lettera ad un single. Di palo in frasca, 2009, Libreria del Santo, Padova

L’ultima fatica letteraria di Salvatore Bernocco, Lettera ad un single non è letteratura di evasione ma d’invasione, mi sia concesso il gioco di parole. Sì, la lettera invade la sfera personale del single, il suo rapporto con la spiritualità mettendo a nudo problematiche nascoste nella quotidianità. Il lettore in possesso di una matrice cristiana condividerà a pieno il messaggio di Bernocco ma è proprio al single “senza valori” che il pamphlet è rivolto.
La narrazione si avvale dell’artificio espositivo della lettera in maniera tale che il racconto scorra velocemente e unitariamente pur concedendosi tredici pause di riflessione corrispondenti ad altrettanti capitoli che non si concentrano su di un unico argomento, come si penserebbe dal titolo, ma costituiscono delle grandi aree semantiche di ponderazione al cui interno confluiscono una serie di tesi ed argomentazioni relative.
Il single al quale l’Autore si rivolge (p.7) sembra lo stereotipo tratto da un reality show. È vanesio, narcisista (p.9), assiduo frequentatore di centri di benessere legati all’effimera bellezza esteriore; la vita del single “se appare fuori colorata e a tinte forti, desiderabile ed addirittura invidiabile, in realtà all’interno, là dove si sperimenta la vita sul serio, spesso è anemica, emaciata, algida”(p.11). Abita un monolocale (p.13) che è sufficiente per la sua vita solitaria (p.7) o, aggiungerei, per la sua vita mondana sempre fuori porta.
Non credo che tutti i single corrispondano alla descrizione di Bernocco ma penso che ognuno, single e non, possa riconoscere come proprio, sia pure segretamente, un aspetto dello stereotipo. Un discorso a parte andrebbe fatto per i “single per costrizione” che non possiedono un reddito che gli permetta una vita agiata rispetto ai “single per scelta”, una opzione tesa all’appagamento del proprio piacere di epicurea memoria.
Alla solitudine del single, al suo vuoto ideologico, al suo relativismo, alla sua depressione, alla sua paura di amare un altro che non sia se stesso, alla sua infelicità l’Autore propone di abbracciare il messaggio cristiano facendo propria la parola di Cristo che “come una lama affilata si conficca nel punto d’intersezione fra lo spirito ed il corpo”. Bernocco è ben consapevole della grande responsabilità della “sequela christi” tanto che afferma saggiamente che “ è meglio zoppicare sulla via della santità che non imboccarla affatto”.
Nel testo emergono molti consigli tanto che il libro potrebbe essere anche un manuale per l’interiorità dei single. Personalmente non credo che l’aridità spirituale termini automaticamente accasandosi e quindi penso che il messaggio del libro possa essere accolto anche dagli sposati o dai conviventi. I single cui l’Autore si rivolge sono quelle persone, sposate e non, che scelgono una vita priva di valori chiudendosi in se stesse anche se circondate da altri.
Bernocco non si pone come un cattedratico che elargisce una “lectio magistralis” ma la narrazione contiene un percorso autobiografico di crescita spirituale. È un “single pentito” dal giorno in cui ritrova per strada, la sua personale via di Damasco, due fogli di calendario dove si leggono due domande esistenziali (a voi scoprirle) che accendono il suo dialogo interiore (p.81) portandolo a rivedere la sua vita, descritta in pagine di grande introspezione che sembrano tratte da un diario personalissimo quanto condivisibile.
A chi sceglierà di leggere il libro affido la scoperta delle descrizioni dei “single modello” fra cui Gesù, Don Tonino Bello e Don Vincenzo Amenduni e la ricerca dei passi ludici tra i quali cito quello di Netty, diminutivo di internet, la ragazza virtuale cercata dai single.

SALVATORE BERNOCCO, Sul passo degli ultimi. Lineamenti del pensiero politico del Servo di Dio Mons. Antonio Bello, 2009 - Libreria del Santo, Padova
Don Tonino per la gente, la sua gente, rappresenta una figura semplice seppure emblematica della cristianità. Tanti i contributi critici tesi al chiarimento della sua missione pastorale. È inedito l’approccio di Bernocco che, partendo da citazioni edite e non di Don Tonino, mira sia ad approfondire il pensiero politico belliano sia a tessere un percorso individuale di riflessione sulle tematiche trattate. Per chi volesse approfondire la tematica consiglio la lettura dei testi editi dallo stesso Don Tonino: Vegliare nella notte. Riflessioni sull’impegno cristiano nel servizio sociale e nella politica, Cinisello Balsamo (MI), 1995, e Il vangelo del coraggio. Riflessioni sull’impegno cristiano nel servizio sociale e nella politica, Cinisello Balsamo (MI), 1996.
Don Tonino era di sinistra, di centro o di destra? Bernocco non risponderà subito alla domanda ma guiderà il lettore durante tutta la narrazione attraverso una serie di riflessioni. In alcuni punti si ha l’impressione che le posizioni belliane si attestino su uno schieramento ora sull’altro, fino alla risposta finale: Don Tonino era “semplicemente dalla parte dell’uomo” (p.104) in quanto “chi ama l’uomo ama Dio” (p. X). Infatti affermava che “Dio non ci chiederà conto dell’assenza del crocifisso nelle nostre stanze, ma dell’assenza dell’uomo, col cui volto Dio si è identificato” (p. XI).
Bernocco affianca al tema principale della politica belliana quello di una politica cristiana in generale e quello dei politici cristiani. L’Autore non cede all’oratoria finalizzata alla captatio benevolentiae del lettore, politico e non che sia, ma affronta temi scomodi sia per l’opinione pubblica laica sia cristiana.
Fra i tanti temi sostenuti spiccano, per evidente attualità, il no all’aborto; il passaggio dalla tolleranza dello straniero all’integrazione sociale; lo stato di benessere della Chiesa a fronte della necessità degli indigenti; la piaga della raccomandazione nella ricerca del lavoro; il ruolo dei ricchi nei confronti dei poveri; le spese per le guerre.
L’Autore è conscio che la risposta cristiana ai tanti interrogativi di bioetica, esistenziali, politici possa sembrare utopica tant’è che propone di “esaltare le utopie quasi per distillarne, ricavarne qualche gesto concreto di solidarietà. Come se dalla spremitura delle utopie possa sgocciolare un lenimento, un olio taumaturgico, una essenza odorosa con cui cospargere il corpo sociale martoriato dalle filosofie e dagli stili di vita che relativizzano la vita umana, rendendola un’appendice manovrabile dell’economia, della tecno-finanza, della politica, del potere” (p.39). Oppure, stando alle parole di Don Tonino, “il politico vero, come il buon samaritano, ha misericordia del popolo e gli si fa vicino per restituirgli la mezza vita che gli hanno tolta e non per aggiungergli la mezza morte che gli manca e stenderlo definitivamente” (A. Bello, Il vangelo del coraggio. Riflessioni sull’impegno cristiano nel servizio sociale e nella politica, Cinisello Balsamo (Mi) 1996, pag. 16.
Al termine della lettura del libro è il caso di chiedersi se le riflessioni di don Tonino, commentate e sviluppate da Bernocco, siano da considerarsi cristiane in senso stretto, cioè rispondenti solo a coloro i quali decidano di professare la religione cattolica. Personalmente credo di no in quanto una politica che ponga al centro il rispetto per la dignità di ogni uomo è tale da poter essere condivisa al di là del proprio credo religioso o politico. È evidente che il messaggio belliano va accolto in primo luogo dai cristiani a patto che avvenga quella opportuna rigenerazione spirituale scegliendo di passare dallo status di “cristiano festivo” a quello di “cristiano feriale” procedendo da una cristianità rituale vissuta solo nelle ricorrenze ad una sentita nella quotidianità. O, per dirla con le parole di Don Tonino, “dobbiamo essere contemplattivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione” (A. BELLO, Cirenei della gioia. Esercizi spirituali predicati a Lourdes, Cinisello Balsamo (Mi) 1994, pag. 55).


Mario Di Puppo

sabato 5 dicembre 2009

Fermento Dicembre 2009


AUGURI, DON VINCENZO!

Se non avessimo il Sacramento dell’Ordine, noi non avremmo Nostro Signore. Chi l’ha messo nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha ricevuto la vostra anima al suo ingresso a questo mondo? Il sacerdote. Chi la nutre per darle forza di fare il suo pellegrinaggio? Sempre il sacerdote. Chi la preparerà a comparire davanti a Dio, lavando l’anima per la prima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, ogni volta il sacerdote. Se l’anima, poi, giunge all’ora del trapasso, chi la farà risorgere, rendendole la calma e la pace? Ancora una volta il sacerdote. Non potete pensare a nessun beneficio di Dio senza incontrare, insieme a questo ricordo, l’immagine del sacerdote”.
Sono pensieri di Giovanni Maria Vianney, meglio noto come il Santo Curato d’Ars, beatificato l‘8 gennaio 1905 e canonizzato il 31 maggio 1925, patrono dei sacerdoti di tutto il mondo. Il 19 giugno 2009, in prossimità della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù – giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione del clero – Benedetto XVI indiceva ufficialmente un “Anno Sacerdotale” in occasione del 150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney. “Tale anno – scriveva tra l’altro il Pontefice - vuole contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi […]. “Il Sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars. Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità”.
Sono premesse indispensabili per formarsi un’idea corretta – non influenzata dalle dicerie e dai pettegolezzi - sulla missione del sacerdote, chiamato ad offrire il Cristo al mondo non di certo per espandere il potere della Chiesa sulle anime, ma per far lievitare l’umanità verso il punto omega, la ricapitolazione di tutte le cose in Dio, nel suo amore che è da sempre ed è per sempre. Il 40° anniversario di sacerdozio di don Vincenzo va visto ed interpretato in questa ottica, nella prospettiva di un servizio esigente reso all’uomo ed alla comunità, affinché tutti abbiano a beneficiare di una parola di conforto, della parola che salva e redime, di un aiuto morale e concreto, di un apporto di fede e di speranza.
Il mio lungo sodalizio con lui e la comunità del SS. Redentore mi ha aperto nuove strade. Grazie alla sua amicizia ho potuto mettere a frutto i miei talenti, quelli che Dio mi ha dato senza alcun merito da parte mia. Anche questo rientra fra i compiti del sacerdote illuminato: servirsi dei battezzati per servire meglio la comunità, comprendendone le inclinazioni, i talenti, i limiti, anzi facendo di questi ultimi i tasselli dell’edificio comunitario. Pensiamoci bene: sono i nostri limiti il confine dove si esauriscono le nostre possibilità e si attivano le possibilità degli altri, che si integrano e completano con le nostre. La comunità cristiana è comunità di forti nella fede, non di onnipotenti nelle faccende del mondo. Su di queste possiamo intervenire senza, molto spesso, potere nulla. Se taluni si servono delle loro comunità per lucrare le indulgenze del mondo ed il favore dei potenti, ebbene, in essi non vi è lo spirito cristiano, vi alligna piuttosto lo spirito del mondo, inteso come tutto ciò che si frappone ai piani d’amore e di gratuità di Dio verso ogni uomo. Per tale ragione Gesù ci mette in guardia dai falsi profeti e dai lupi, da coloro che non si curano del gregge, ed esalta invece la fede del centurione, cioè di un pagano. Paradossalmente nel pagano – potremmo oggi dire in coloro che ci sembrano distanti – c’è lo spirito di Dio, mentre in molti sacerdoti e credenti – dobbiamo dirlo senza peli sulla lingua – fermenta lo spirito del mondo.
Posso dire, senza adulazione alcuna, che con don Vincenzo ho percorso un cammino di crescita spirituale. Lo ringrazio sinceramente per l’amicizia e per quanto ha fatto per me, per questa comunità parrocchiale, con spirito cordiale e mosso dalle migliori intenzioni.
Nella Bibbia il numero 40 ha un forte significato simbolico. Gesù stette nel deserto per 40 giorni alle prese con le tentazioni diaboliche. Per 40 anni gli ebrei vagarono nel deserto. Il numero 40 rappresenta un lungo periodo di tempo, una sorta di crogiuolo temporale e di esperienze, di lotte e di vittorie, di progressi e di sconfitte. Ciò vale anche per don Vincenzo, che ha percorso un lungo tratto di strada e che, come sosteneva il Curato d’Ars, è un dono di Dio.
Gli auguro di raccogliere i frutti del suo disinteressato impegno già qui ed ora, e che lo circondino l’affetto e la stima dei suoi parrocchiani, dei suoi confratelli e superiori. Semplicemente perché se li merita.

Salvatore Bernocco